venerdì 4 marzo 2011

Umile omaggio ad Antonio e PierPaolo

Non è di maggio questa impura aria
che il buio giardino straniero
fa ancora più buio, o l'abbaglia

Non è di giugno questa bianca aria
che il monumentale cimitero
riflette ed acceca

con cieche schiarite... questo cielo
di bave sopra gli attici giallini
che in semicerchi immensi fanno velo

con lampi di nero... questo cielo
su Torino
che piove rane e polvere

alle curve del Tevere, ai turchini
monti del Lazio... Spande una mortale
pace, disamorata come i nostri destini,

alla curva del Po, alle Alpine
cime... scende una lucida acqua
che lava i nostri destini

tra le vecchie muraglie l'autunnale
maggio. In esso c'è il grigiore del mondo,
la fine del decennio in cui ci appare

nelle fabbriche abbandonate l'invernale
giugno. In esse c'è un rosso sbiadito,
la fine di un secolo in cui ci appare

tra le macerie finito il profondo
e ingenuo sforzo di rifare la vita;
il silenzio, fradicio e infecondo...

polvere su acciaio il resto di un partito,
eco oramai sordo di una massa,
brivido elettrico della lingua sul metallo.

Tu giovane, in quel maggio in cui l'errore
era ancora vita, in quel maggio italiano
che alla vita aggiungeva almeno ardore,

Gramsci, in quel giugno in cui Torino
fu ancora viva, in quel giugno italiano
che dalle campagne alla città

quanto meno sventato e impuramente sano
dei nostri padri - non padre, ma umile
fratello - già con la tua magra mano

salì la rivolta
dei nostri nonni ed umili fratelli,
già la tua grande testa

delineavi l'ideale che illumina

delineava l'ideale che illumina

(ma non per noi: tu morto, e noi
morti ugualmente, con te, nell'umido

(non ancora per noi mai nati:
Antonio e PierPaolo morti ugualmente

giardino) questo silenzio. Non puoi,
lo vedi?, che riposare in questo sito
estraneo, ancora confinato. Noia

nell'eterno giardino) questo coma. Non puoi
che rivivere in questa Torino,
in quella piazza. Indifferenza

patrizia ti è intorno. E, sbiadito,
solo ti giunge qualche colpo d'incudine
dalle officine di Testaccio, sopito

borghese ti è intorno. E, secco,
solo ti giunge l'attrito
di un tram, lento

nel vespro: tra misere tettoie, nudi
mucchi di latta, ferrivecchi, dove
cantando vizioso un garzone già chiude

al tramonto: tra periferie nude
e baraccopoli sul fiume, dove
un campanello di uomini

la sua giornata, mentre intorno spiove.

siede all'ingresso, mentre tutto scorre.


(Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, I)
(KP, Giugno a Torino, omaggio a PPP)

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