Distrattamente mi accorgo di una coppia stretta, sulla panchina alla fermata dell'autobus, respirare all'unisono.
A Torino l'amore scorre. Scorre sui marciapiedi, sazio di solitudine e violento. Scorre in un rifugio di un portone. Scorre in un auto ferma in collina.
Dietro i vetri appannati di un vecchio caffè, due occhi e capelli neri. Fuori la folla paralizzata prosegue la folle corsa sotto i portici.
Anche i dritti viali di Torino curvano nel momento dell'amore... come tram silenziosi.
Un compito di questo blog antropologico è immaginare una "Torino futura". Descrivere una realtà, parziale come il suo punto di vista, implica in sé il desiderio di una realtà diversa. Senza il desiderio, senza un orizzonte possibile non ha senso cercare di capire, comunicare. Quindi prima di disegnare una possibile città futura, prima di descriverne i germi in prospettiva, è necessario indagare cosa significa desiderare, in particolare desiderare una città futura.
E' necessario tornare sul tema dell'alienazione. Come appunto affermava Marx (vedi post "la scomparsa delle lucciole") "l'uomo è completamente perduto a se stesso", l'uomo viene privato della sua umanità attraverso il lavoro. Il lavoro non come realizzazione della propria umanità, come co-evoluzione dell'individuo e della società; ma il lavoro come strumento del capitale.
[Il capitale] ha un unico impulso vitale quello di valorizzarsi, di generare plusvalore, di assorbire con la sua parte costante, con i mezzi di produzione, la più grande massa di plusvalore che sia possibile.
Karl Marx, Il Capitale, 1867
Il plusvalore non è altro che la potenzialità umana, l'"essenza umana". Un animale umano si distingue da un animale non umano per la sua capacità biologica di poter immaginare, cioè il pensare il non reale, il possibile appunto. La natura umana è la natura del possibile.
Ciò che permette all'animale umano di pensare il possibile è una caratteristica della sua capacità biologica del linguaggio: l'infinità discreta.
Infinità discreta "in base alla quale da un insieme finito di elementi" si può generare "una matrice potenzialmente infinita di espressioni discrete" (Noam Chomsky, 2002). Questa capacità distingue in modo radicale le lingue umane da qualsiasi altro sistema di comunicazione animale.
Avendo dunque l'animale umano la "parola": l'animale umano ha un valore. Perciò l'infinità discreta è ciò che rende Umani. Si comprende meglio dunque l'importanza del diritto alla parola, come diritto inalienabile ed universale. Non una parola qualsiasi, ma la parola per essere Umana deve essere nuova, possibile, unica, pratica. La parola deve lanciarsi nel futuro, deve modellare e farsi modellare la società che la circonda: la parola come strumento dell'individuo per incidere nella società. La parola come valorizzazione dell'individuo, la parola è libertà.
Il capitale attraverso il lavoro dunque sottrae la parola, il possibile, in definitiva la libertà.
Dunque il capitale avendo come unico obiettivo quello di moltiplicare se stesso trasforma il lavoro umano in un mezzo (furto del possibile). L'oggetto diventa soggetto e il soggetto diventa oggetto.
All'uomo privato del possibile è un uomo privato del tempo: un uomo in schiavitù.
Sento di essere stata una persona libera per 24 ore (domenica) e di dovermi riadattare a una condizione servile... senso di schiavitù
Simone Weil, La condizione operaia, 1951
Lo sfinimento rende quasi invincibile la più forte delle tentazioni che comporta questo genere di vita: quella di non pensare più, unico mezzo per non soffrire. Solo il sabato pomeriggio e la domenica mi tornano dei ricordi, dei lembi di idee, e mi ricordo che sono anche un essere pensante.
Simone Weil, La condizione operaia, 1951
Questa prigione è una cella senza tempo e senza parole. E' un corpo ossessionato, violentato e, soprattutto, depresso. L'estetica, l'apparenza è l'unico mezzo comunicativo; ma esso vive solo nel presente. Non racchiude in sé il possibile, se non nella sua capacità biologica di generare una prole, che sarà anch'essa schiava.
Si tratta allora di riportare il lavoro, l'attività umana, al corpo/mente dell'animale della specie Homo Sapiens, all'animale del possibile. E così ridare spazio al "desiderio", a una mancanza che sia effettivamente immaginazione di mondi e modi alternativi rispetto al presente, e pertanto re-immettere l'esperienza del tempo nelle nostre vite.
Quindi desiderare è un atto di libertà, è pensare il futuro. Desiderare è rivoluzionario, ma solo nel momento in cui è pratico (praxis). Iniziare dal desiderare/immaginare una città futura vuole dire essere pratici, perché vicini, perché tangibili.
[L'utopia non è domani, è già oggi]: noi dobbiamo almeno perseguire l'idea di una via al socialismo che dalla scienza porti all'utopia e non di una via che dall'utopia porti alla scienza.
Hebert Marcuse, La fine dell'utopia, 1967
Partire/ripartire da Torino, già Città futura. Desiderare è vivere: Torino è viva!
Bibliografia
-Felice Cimatti, Naturalmente comunisti, Bruno Mondadori, 2011
-Hebert Marcuse, La fine dell'utopia, 1967; manifestolibri 2008
-Karl Marx, Il Capitale, 1867-, Newton Compton, 2005
-Simone Weil, La condizione operaia, 1951; SE, 1994
-Hauser Marc, Chomsky Noam, Fitch Tecumseh; The faculty of linguage: what is it, who has it and how did it evolve?; "Science", 2002.
Il centro della questione meridionale (QM) è Torino.
A Torino si intrecciano molti fili della storia d'Italia ed in particolare quelli riguardanti la questione meridionale.
La QM rimane ancor oggi un, forse il, tema fondamentale dell'intera nazione italiana. Anche quando, specie in quest'ultimi anni, si parla di questione settentrionale in realtà non è altro che il riflesso della sua omologa meridionale.
Si può credo affermare che la stessa rilevanza di un tema politico-sociale italiano è misurato sulla quistione. Nel caso in cui un tema non contenesse in sé anche la QM, questo tema è secondario.
Chi, meglio di altri, ha colto il rapporto tra nord e sud e la necessità di unire le lotte tra proletariato urbano del nord e masse contadine del sud fu Antonio Gramsci. Non credo si possa affrontare la QM senza fare riferimento alla quistione meridionale gramsciana.
Già all'inizio della seconda decade del novecento, fu proprio Torino dunque il fulcro ideologico e politico della QM e del suo sviluppo e studio nei decenni a seguire.
Due sono infatti gli eventi simbolici che avvennero a Torino in quei anni. Il primo fu nel 1914, quando un gruppo socialista di "Ordine Nuovo" (Gramsci et al.) propose la candidatura di Gaetano Salvemini al IV collegio della città di Torino (Borgo San Paolo). In quella scelta c'è tutta la lungimiranza del pensiero gramsciano. Infatti, candidando Salvemini, noto meridionalista ed antigiolittiano, a Torino si univano simbolicamente due lotte proletarie fino ad allora estreanee ed in conflitto: quelle urbane del nord a quelle contadine del sud.
Scrive Gramsci su due comizi di Salvemini a Torino.
Tenne infatti due comizi grandiosi alla Camera del Lavoro e in piazza Statuto, tra la massa che vedeva ed applaudiva in lui il rappresentante dei contadini meridionali oppressi e sfruttati in forme ancora più odiose e bestiali che il proletariato settentrionale.
Antonio Gramsci, Alcuni temi della Quistione meridionale, 1926
Era dunque assorbito nel proletariato torinese il legame profondo che univa due mondi lontani non solo geograficamente, questo ben prima della massiccia immigrazione dal sud dal secondo dopoguerra in poi.
Purtroppo Salvemini rifiutò la candidatura, proponendo addirittura al suo posto un Mussolini allora ancora socialista. Comunque la QM entrò nel cuore del proletariato torinese, che "aveva dimostrato di aver raggiunto un altissimo grado di maturità e capacità politica" (A. Gramsci)
La modernità del proletariato torinese ed il suo spirito avanguardistico è protagonista anche del secondo evento simbolico.
Mi riferisco in particolare ai fatti dell'agosto del 1917, alla rivolta di uomini, donne e bambini contro la fame e le condizioni estreme di quei anni di guerra.
Per conoscere i fatti di allora vi consiglio la visione di una video intervista ad un testimone e protagonista di quell'evento, Giovanni Novaretti.
Quel tragico contatto tra i soldati della Brigata Sassari e gli operai torinesi è ben descritto in un colloquio tra un conciapelli emigrato di Sassari ed un giovane contadino di Sassari arruolato nella Brigata.
"Cosa siete venuti a fare a Torino?" "Siamo venuti a sparare contro i signori che fanno sciopero". "Ma non sono i signori quelli che fanno sciopero, sono gli operai e sono poveri". "Qui sono tutti signori: hanno il colletto e la cravatta: guadagnano 30 lire al giorno. I poveri io li conosco e so come sono vestiti, a Sassari, sì, ci sono molti poveri; tutti gli zappatori siamo poveri e guadagniamo 1,50 al giorno". "Ma anche io sono operaio e sono povero". "Tu sei povero perché sei sardo". "Ma se io faccio sciopero con gli altri sparerai contro di me?". Il soldato rifletté un poco poi [...] "Senti, quando fai sciopero con gli altri, resta a casa!".
Antonio Gramsci, Alcuni temi della Quistione meridionale, 1926
Eppure, malgrado la gravità di quei fatti, fece breccia nei poveri soldati sardi la consapevolezza di classe.
Essi hanno illuminato per un momento cervelli che non avevano mai pensato in quella direzione e che sono rimasti impressionati, modificati radicalmente
Antonio Gramsci, Alcuni temi della Quistione meridionale, 1926
Torino dunque ha saputo cogliere e capire la dimensione e l'importanza della QM. Perciò alla luce dei fatti del 1914 e 1917 si comprende perché Torino ha saputo accogliere centinaia di migliaia di immigranti dal sud Italia. Perché a Torino spetta il ruolo di simbolo dell'emigrazione.
Oggi, nei giovani immigrati dal sud non si osserva la giusta attenzione ai temi sociali. Si lavora e si convive assieme, certo, e senza apparenti conflitti. Eppure le giuste rivendicazioni di un sud, stremato da una disoccupazione impietosa, non si alleano alle lotte di una classe operaia torinese invisibile ai più ed umiliata.
Ancora dopo un secolo è necessario risolvere la QM attraverso l'alleanza tra nord e sud. Ancora dopo un secolo abbiamo bisogno dello stesso coraggio delle donne e uomini di quel Agosto del 1917.
Bibliografia
Antonio Gramsci, Nel mondo grande e terribile. Antologia degli scritti 1914-1935 a cura di Giuseppe Vacca, Einaudi, 2007.