martedì 1 marzo 2011

Indiani: vivere-Torino e vivere-a-Torino



Torino è un archivio. Un atlante geografico. Molte città hanno vissuto e vivono il fenomeno della immigrazione, poche in maniera così fortemente simbolica come Torino. 
Una persona a Torino possiede due carte di identità.
La prima è quella cittadina, ufficiale, istituzionale: legata alla città. Un'identità rivendicata con orgoglio e metabolizzata nei gesti quotidiani. 
La seconda è un'identità della radice. Non necessariamente il luogo di nascita, ma anche il luogo di origine dei genitori: il paese o i paesi.
Dunque l'approccio culturale al cittadino di Torino è complesso. 

In fondo è per questo che esiste questo blog. Tracciare delle linee/vie da percorrere per decifrare una realtà complessa ha lo scopo di fotografare/conoscere quella realtà. Così come si conosce una città percorrendone le sue vie: consapevoli che quel percorso è parziale nello spazio e nel tempo. Nel tempo perché se si osserva/percorre una via non se ne può percorrerne contemporaneamente un'altra; nello spazio perché ogni percorso è un modo diverso di vedere la città.

Torniamo all'identità complessa del torinese. Il torinese non vive in maniera conflittuale questa sua molteplicità culturale, anzi paradossalmente è il torinese-torinese che è in difficoltà. Per questo motivo il torinese-torinese tende a recuperare origini lontane due o tre generazioni, tende a costruirsi una storia che abbia radici lontane. Il torinese ha bisogno di  lunghe radici, che percorrano molti chilometri. Non necessariamente profonde, bastano pochi e superficiali tratti culturali per rivendicarne la legittimità. Questo non impedisce fortunatamente la conservazione del dialetto, la sopravvivenza di un sentimento indigeno:  luogo immaginario che possiamo raffigurare come una riserva di pellerossa.
Dunque a Torino ci sono gli indiani. La riserva indiana del torinese non è in conflitto con il resto del mondo, né sull'orlo dell'estinzione. Anzi vive di scambi e nuovi ingressi: non è raro sentire parlare o storpiare il dialetto torinese da un immigrato. Bisogna, infatti, per vivere Torino che ognuno bagni un po' i propri panni nel Po. Questo vale per la lingua e per gli aspetti culturali. Chi vive Torino deve fare i conti con la sua natura, la sua storia. Qualsiasi sia il paese d'origine, un paesino del sud Italia oppure una capitale africana, ognuno deve misurare la propria storia con quella di questa città. Una volta posta la misura dovrà procedere alla procedura dell'innesto.
Non sempre l'innesto ha successo. Questo determina la formazione di due gruppi: chi vive-Torino e chi vive-a-Torino.

Questo è la mia prima strutturazione, la prima chiave di lettura per interpretare la natura culturale complessa del torinese e di Torino. Separare chi vive-Torino da chi vive-a-Torino mi pare uno strumento utile per demarcare i tratti culturali specifici di questa città da quelli globali. I primi infatti saranno presenti in uno solo dei due gruppi, i secondi saranno comuni ad entrambi.
In futuro non mi soffermerò solo su aspetti culturali specifici, è interessante e necessario esaminare anche la lettura/narrazione della cultura globale a Torino.

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